“[…] Un’altra ferita che spesso viene alla luce nel corso della psicoterapia è quella che deriva da una convinzione fortemente radicata nel paziente di aver dovuto assumersi, nel corso della sua infanzia, la responsabilità della felicità di uno o di entrambi i genitori.
Ciò si verifica in particolare in presenza di una madre depressa, incapace di manifestare al figlio tutto l’amore di cui avrebbe necessità. In alcuni casi infatti la madre, vivendo in uno stato di profonda prostrazione, che la costringe anche a stare tante ore della giornata a letto, non riesce a rispondere ai bisogni di rassicurazione, calore e protezione, la cui soddisfazione è necessaria al bambino affinché egli possa in seguito cercare di soddisfare il bisogno di autorealizzazione. […] Se il bambino non riceve la cura e le attenzioni di cui ha bisogno, può convincersi di non avere l’esigenza di ricevere tali cure dagli altri e che l’unico modo per sopravvivere è sentire di non avere bisogni propri, ponendosi unicamente in un’ottica di “servizio” nei confronti degli altri e soprattutto della madre che soffre ed è infelice.
Rimane però in questi bambini un sottofondo di rabbia inconscia che caratterizza il loro comportamento. Una volta divenuti adulti per queste persone la “coazione al servizio”, più che una qualità genuina, assume tutte le caratteristiche della formazione reattiva. La dedizione agli altri infatti non sarà caratterizzata da gioia, un vissuto che sperimenta chi lo fa in modo maturo, ma da rabbia depressa, anche se inconsapevole […]”
(Virgilio Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Marzo-settembre 2010)
Archivio mensile:Agosto 2015
La personalità autentica
“[…] Molti studi sulle dinamiche familiari hanno rilevato come certi comportamenti inadeguati o patologici nell’espressione dei propri ruoli genitoriali da parte di adulti, possano avere origine dai comportamenti acquisiti nella relazione e nel contatto con i loro genitori. Molti atteggiamenti che noi adulti attiviamo nei riguardi dei figli de degli altri in genere, sono, almeno in parte, il prodotto dei complessi processi di identificazione e di introiezione che, nel corso dei primi anni della nostra vita, abbiamo vissuto a contatto con i genitori. Osservando ed imitando il loro comportamento, attraverso l’identificazione, introiettiamo infatti i modelli comportamentali che ci trasmettono. E di frequente i genitori delle persone che non ottengono cure adeguate per il loro sviluppo psicofisico, a loro volta sono stati vittime di trascuratezza e di cure inadeguate o modalità patologiche da parte dei loro caregiver (colui che se ne prende cura). Queste modalità relazionali vengono pertanto riattivate nei rapporti con i loro figli, in una sorta di trasmissione intergenerazionale e inconscia.
Solo la consapevolezza profonda di quanto vissuto nei nostri primi anni di vita e dei nostri modi di essere educatori e di relazionarci con le altre persone, consapevolezza che di solito avviene nel corso di una psicoterapia, può interrompere queste modalità disfunzionali.
E’ dunque il dar luce alle nostre ferite che ci permette di sviluppare quella personalità autentica, lo scopo finale del nostro percorso di psicosintesi. […]”
(Virgilio Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Marzo-settembre 2010)
“Reincarnazione”
“Un’altra grave ferita che alcuni bambini sono costretti a vivere nel corso della loro vita è quella che viene definita “reincarnazione”. Essi vengono anche detti figli sostitutivi. Sono bambini che vengono concepiti dopo la morte di un fratello che è deceduto subito dopo la nascita, nei primi anni di vita o, evento piuttosto frequente oggi, in seguito ad incidente stradale.
A questi bimbi viene dato il nome del fratello morto ed essi si sentono dei sostituti, nati non perché desiderati, ma perché i loro genitori avevano la necessità di un figlio che sostituisse quello deceduto. Non possono rivaleggiare con i fratelli morti perché, non essendo questi più in vita, tendono ad idealizzarli, come fanno anche i genitori quando li ricordano. Con la loro morte essi sono pertanto divenuti da un punto di vista psicologico degli esseri talmente perfetti da essere irraggiungibili. Il tema della morte dei fratelli si trasforma quindi in un elemento di sofferenza e di confronto per tutta la loro vita, condizionando in tal modo lo sviluppo psichico ed il senso di identità.
Un esempio orami conosciuto anche nella letteratura scientifica è quello del pittore Van Gogh. Egli era nato esattamente un anno dopo la morte del fratello Vincent, proprio nello stesso giorno. Da bambino andava al cimitero tutti i giorni per visitare la tomba del fratello, come se non riuscisse a staccarsi da quell’evento estremamente doloroso […]. Recalcati (2009) scrive che l’esistenza del secondo Vincent non fu ritenuta dalla madre un valore in sé, ma fu una sostituzione del figlio perduto. Ella, pur curandolo amorevolmente, aveva negato implicitamente al figlio di vivere un’esistenza sua propria e ciò avrebbe dato vita al profondo stato di sofferenza psichica che ha caratterizzato l’esistenza di questo pittore […]”
(Virgilio Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Marzo-settembre 2010)
Trauma e ferita
“[…] Il termine ‘ferita’ viene oggi preferito da molti psichiatri, psicologi e psicoterapeuti rispetto al termine trauma, che alcuni studiosi usano ancora. […] Il termine trauma, proveniente dal greco trauma che significa ferita, lesione, è utilizzato da lungo tempo in medicina e chirurgia per designare una ferita e lacerazione. Freud nel descrivere un trauma poneva l’attenzione soprattutto sulle emozioni penose e le rappresentazioni conseguenti che l’individuo provava in determinate situazioni avverse. Il trauma era considerato dunque un qualcosa di soggettivo con il rischio, come ha scritto Didier Anzieu “di arrivare ad una definizione tautologica: un trauma sarebbe, per un dato soggetto, uno stato psichico che lui ha esperito come traumatizzante”.
Una ferita può essere definita come una condizione qualsiasi che ci provoca uno sconvolgimento emotivo profondo e duraturo, che può dipendere da fattori esterni o interni, può essere provocata da altri o da alcune circostanze della vita, può costruire una condizione permanente o può essere transitoria, cessando con il tempo di essere un peso per noi. Anche se generalmente noi abbiamo la sensazione che le nostre ferite siano ingiuste ed immotivate, tuttavia nel corso della nostra evoluzione esse possono essere vissute in una maniera completamente diversa.
Il concetto di ferita pone più l’accento sulle relazioni interpersonali, cioè sulla sofferenza che l’individuo vive e che hanno avuto origine in una serie di situazioni che vedono coinvolte altre persone che, per la loro storia o una serie di circostanze o problematiche psicosociali o culturali, sono stare incapaci di offrire alla persona le cure e le attenzioni necessarie per un adeguato e corretto sviluppo della sua personalità. […] Ma come fanno rilevare ripetutamente Firman e Gila, il bambino, per il suo sviluppo psicofisico, ha necessità di una connessione empatica con un centro unificatore esterno. E’ proprio la mancanza o l’inadeguatezza di questo centro unificatore estero che è all’origine di molte nostre ferite.
[…] il bambino ha bisogno, non di una madre perfetta, ma di una madre “sufficientemente buona “, cioè capace di vederlo, non con gli occhi rivolti alle proprie attese o paure, ma nella sua individualità ed unicità, permettendogli così di rispecchiarsi in lei. Se questo rispecchiamento non avviene “il bambino non troverà se stesso, ma le esigenze della madre. Rimarrà senza specchio e per tutta la vita continuerà invano a cercarlo” (A. Miller, Il dramma del bambino dotato e la ricerca del vero Sé)”
(Virgilio Niccolai, Rivista di Psicosintesi Terapeutica – Marzo-settembre 2010)
I limiti della Psicosintesi
“Sam Keen, redattore di Psychology Today, chiese a Roberto Assagioli quali erano i limiti della Psicosintesi. Assagioli così rispose: <<Risponderò paradossalmente: il limite della psicosintesi è che non ha limiti. E’ troppo estesa, troppo inclusiva. La sua debolezza è che accetta troppo, vede troppi aspetti contemporaneamente….>>”
(Alberto Alberti)
Mercoledì 2 settembre – Meditazione di Consapevolezza – Ingresso gratuito
Mercoledì 2 settembre – Meditazione di Consapevolezza – Ingresso gratuito
presso il Centro di Psicoterapia e Crescita Umana, via Marsala 11 – Firenze
Ore 20,30
Meditazione introdotta e condotta da Roberto Di Ferdinando
Attraverso una meditazione guidata prenderemo contatto, e piena consapevolezza, con le singoli parti del nostro corpo e con la sua interezza, per una profonda esperienza unitaria di sé.Un pieno e consapevole ritorno al corpo, al “qui ed ora”.
orario: dalle 20,30 alle 21,30 circa
Si consiglia un abbigliamento comodo e nella sala di meditazione si accede senza scarpe.
Ingresso gratuito, prenotazione obbligatoria. Posti limitati
Info e prenotazioni: 3339728888 – roberto.diferdinando@tin.it
Settembre – Dicembre 2015: Le attività Centro Studi di Psicoterapia e Crescita Umana
Ripartono a settembre le attività del Centro Studi di Psicoterapia e Crescita Umana, con gli appuntamenti tradizionali e alcune novità.
Da mercoledì 2 settembre riprende l’appuntamento con la Meditazione dalle 20.30 alle 21.45, condotta dal dott. Roberto Di Ferdinando.
Da giovedì 10 settembre riparte anche il Laboratorio di Pratica della Presenza dalle 20 alle 22.30, con cadenza quindicinale, un appuntamento per tutti coloro che desiderano ritrovarsi, e ritrovare la spontaneità dell’essere chi siamo, condotto dalla dott.ssa Massimiliana Molinari.
Ripartono i corsi di Taijquan il lunedì 9-10 e 17-18 il giovedì dalle 9-10 e 10-11 condotti da Antonio Peis.
Novità: il mercoledì dalle 10,30 alle 11.30 ci sarà un corso di Self-shiatsu&Pilates condotto da Mariantonietta Scerbo.
Novità : I Sabati del Centro-Conferenze Esperienziali e Aperitivo,dalle 16 alle 18 .
Sabato 12 settembre : La Pratica della Presenza. Dott.ssa Massimiliana Molinari
Sabato 26 settembre: La Colonna Vertebrale ci Protegge. Mariantonietta Scerbo
Sabato 10 ottobre: Tempo vissuto, benessere e soffrenze:quali legami? . Dott. Gabriele Nardi
Sabato 7 novembre : Lavorare con il nostro bambino interiore per comprendere meglio i nostri.figli. Dott.ssa Carla Casini
Sabato 12 dicembre: Pratiche di Ben-Essere. Dott.Roberto Di Ferdinando
A ottobre domenica 11 dalle 10 alle 18 ci sarà il Corso di Massaggio con le Campane Tibetane e uso della Voce, sabato24 e domenica25 dalle 10 alle 18 il seminario Decondizionare e Trasformare le Credenze Limitanti , dott.ssa Massimiliana Molinari.
A novembre sabato 7 e domenica 8 dalle 10 alle 18 il seminario di Reiki Secondo Livello, e il 21 novembre dalle 10 alle 18 Laboratorio: Lavorare con il nostro bambino interiore per comprendere meglio i nostri figli, dott.ssa Carla Casini.
A dicembre sabato 5 e domenica 6 dalle 10 alle 18 il seminario di Reiki Primo Livello , domenica 13 dalle 10 alle 18 Costellazioni a tema:Le relazioni affettive, dott.ssa Massimiliana Molinari.
Sabato 29 agosto – Meditazione del Plenilunio – Ingresso gratuito
Sabato 29 agosto – Meditazione del Plenilunio – Ingresso gratuito
presso il Centro di Psicoterapia e Crescita Umana, via Marsala 11 – Firenze Ore 19,00
Meditazione per entrare in contatto con l’energia dei Maestri di Luce
Meditazione introdotta e condotta da Massimiliana Molinari
orario: dalle 19,00 alle 20,00 circa
Si consiglia un abbigliamento comodo e nella sala di meditazione si accede senza scarpe. Posti limitati
Info e prenotazione: massimilianamolinari@gmail.com / roberto.diferdinando@tin.it – 3396788142/3339728888
SELF-SHIATSU&PILATES .AUTOMASSAGGIO E POSTURA CORRETTA
All’inizio di tutto è la relazione
“[…] Il filosofo martin Buber, nel libro ‘Io e tu’, ha scritto che all’inizio di tutto è la relazione. Partendo dall’osservazione del linguaggio dei primitivi, ad esempio gli Zulù, che per dire “sono lontano”, usano l’espressione “madre, sono perduto”, egli è giunto alla conclusione che prima dei prodotti dell’analisi e del linguaggio, si coglie in essi “l’autentica originaria unità, la relazione vissuta” (M. Buber, Il principio dialogico, San Paolo, 1993). Partendo proprio dalla relazione con la madre nei primi momenti della vita, relazione che ha sede unicamente nella loro memoria implicita, essi hanno coniato un’espressione linguistica che nasce dalle loro esperienze precoci con la figura materna. Buber ha aggiunto degli interessanti elementi di riflessione sullo sviluppo della personalità del bambino e chi si prende cura di lui, in una stretta relazione dialogica caratterizzata da un continuo interscambio verbale e non verbale fra le due individualità, nel rispetto totale delle caratteristiche del minore. […]”
(Virgilio Niccolai – Rivista di Psicosintesi Terapeutica – marzo-settembre 2010)