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“[…] Spesso abbiamo difficoltà a percepire la nostra rabbia, a permetterci di sentire di essere arrabbiati. Ed ancora più spesso ci sentiamo in colpa se ci siamo arrabbiati. Abbiamo dei modelli, degli ideali di noi stessi che ci fanno percepire come coloro che devono essere buoni, tolleranti, moderati e mediatori. Non solo, forse nascendo e o crescendo in ambienti in cui la rabbia verbale e quella fisica erano presenti, ci siamo imposti (illusi) di essere diversi (migliori?) da coloro che la praticavano, così negando ogni nostro sentimento rabbioso. La rabbia non né buona né cattiva, semplicemente la rabbia è un’emozione naturale, primaria e funzionale. Quindi, ha una sua funzionalità ed utilità. Infatti, in situazioni di pericolo attingere alla nostra rabbia può permetterci di salvare anche la nostra vita. Mentre sopprimere tale emozione naturale può causare depressione, effetti psicosomatici, ruminazione rabbiosa, oltre che metterci in situazioni di pericolo.
Nel momento della percezione del pericolo, l’amigdala (la ghiandola che invia impulsi all’ipotalamo per l’attivazione del sistema nervoso simpatico) prende il sopravvento sulla neocorteccia (non è il momento della valutazioni concettuali). Nel corpo aumentano il cortisolo e l’adrenalina per rendere il corpo pronto a rispondere al pericolo con l’attacco o la fuga: i muscoli si tendono per l’azione, il cuore pompa più sangue per gli arti periferici (gambe, braccia, mani), mentre si fermano il sistema immunitario e quello digestivo per fornire più risorse ed energie al sistema simpatico, di attivazione. Tale meccanismo complesso è funzionale nell’affrontare un pericolo reale. Il problema si presenta quando percepiamo pericoloso un evento che nella realtà non lo è, ed inneschiamo comunque questo sistema caldo di attivazione. Oppure, quando la rabbia diventa l’unica risposta e quella automatica nella nostra vita quotidiana e nelle nostre relazioni. Questo nostro atteggiamento costringe il nostro organismo a vivere in continuo allarme e stress con conseguenze nefaste per la nostra salute ed il nostro benessere.
[…] La rabbia non è paura, stress o ansia, ma è usata per non sentire lo stress, la paura e l’ansia. […]
Non solo, attraverso la rabbia creiamo una visione distorta dell’oggetto (persona o cosa) “causa” della rabbia. In tal modo esageriamo gli aspetti sgradevoli dell’oggetto, percependolo come sbagliato, e gli aspetti sgradevoli sembrano caratterizzare l’oggetto, creando così la visione del nemico (il pericolo, il nemico sono fuori da me). Siamo in continua guerra con tutto e tutti. […].
Eppure la rabbia ha molte funzioni positive; infatti, è un modo per esprimere, in maniera forte e decisa, una non approvazione, può motivarci a fare diversamente, ci spinge ad assumere responsabilità, può ristabilire una giustizia, può aumentare la creatività e il problem solving.
Quindi, l’obbiettivo non è negare od evitare di arrabbiarci, questo è impossibile; l’obiettivo è osservare come uso la mia rabbia, se la condanno e la evito o se la uso ed abuso come risposta automatica.
La strada da percorrere è l’ascolto di noi stessi e delle nostre emozioni, la pazienza (più sono in stress meno ho pazienza e capacità di ascolto ed osservazione, meno consapevolezza), l’attenzione a quello che mi accade ed a quello che sento, modulando risposte diverse a situazioni diverse che mi si presentino. Ovviamente tutto ciò è semplice ma non è facile, ma posso comunque iniziare ad osservare alcuni miei atteggiamenti quotidiani ed a scegliere delle alternative:
Risolvo il conflitto con le mani? Parlo.
Sono autoritario? Mi confronto da una posizione di uguaglianza.
Arrivo subito alle conclusioni? Verifico tutti gli aspetti e fattori e poi esprimo un’opinione.
Dico la prima cosa che penso? Aspetto prima di parlare.
Cerco situazioni che mi fanno arrabbiare entrandoci con uno stato di consapevolezza.
Attenzione a come comunico.
Pazienza ed aspettare […]”

(tratto dal Laboratorio “Dalla reazione all’assertività – Tecniche corporee” di Roberto Di Ferdinando)