Archivi categoria: Psicosintesi

Identificazioni

<<Innumerevoli sono le identificazioni col corpo, con le emozioni, con le funzioni che svolgiamo. Se ad esempio un sentimento triste viene ad occupare la nostra coscienza, noi diciamo: “Io sono triste”. Se una sensazione di stanchezza la occupa, esclamiamo: “Io sono stanco”.
Se proviamo un senso di languore allo stomaco diciamo: “Io ho fame”…e così via.
Nello stesso modo ci identifichiamo con particolari caratteristiche fisiche, morali, intellettuali, sociali, che rispecchiano solo aspetti parziali di noi stessi, così diciamo via via: io sono bello o brutto, io sono forte o debole, io sono uomo o donna, io sono figlio o padre, io sono idealista o positivista, ecc…
Non sempre il particolare contenuto è abbastanza forte o ampio da occupare tutta la coscienza. Ad esempio noi possiamo dire “Io sono stanco” eppure pensare ad altro, aver sentimenti, preoccupazioni di latro genere. Ma se lo stato d’animo è abbastanza intenso, come una profonda tristezza prodotta da una delusione o da una perdita grave, esso occupa per un certo tempo tutto il campo della coscienza e l’identificazione dell’Io con il contenuto della coscienza è, per quel tempo, completa. La persona che è in preda ad una tristezza profonda, non solo dice “Io sono triste”, ma dimentica per il momento di essere stata tante volte serena e allegra; non sa quasi concepire come si possa essere lieti, e se vede altri ridere e scherzare prova un senso di sorpresa, e quel contegno le sembra strano, come irreale. Essa tende a generalizzare, ad obbiettivare, per così dire, lo stato d’animo soggettivo e transitorio col quale si identifica; dice ad esempio: “La vita è triste, solo il dolore è vero, tutto il resto è illusione.
>>

(Roberto Assagioli, Psicosintesi – Ed. Astrolabio)

Il distacco

“[…] Un altro errore, nel senso di un eccesso d’amor materno, è quello che si può esprimere con le parole: attaccamento, identificazione, possesso. Questo è un errore più spiegabile, più umano, più perdonabile in un certo senso, ma che può essere altrettanto nocivo. Esso è comprensibile: quanto più si mette di sé in qualcuno, quanto più ci si dà, quanti più sacrifici si fanno, tanto più ci si lega, ci si identifica, ci si attacca.
Ma viene sempre, prima o poi, il momento, nello sviluppo dei figli, in cui occorre il distacco dalla madre. Viene il momento in cui il figlio o la figlia devono prendere il loro posto autonomo nella vita.
[…] Il momento del distacco, che coincide con la pubertà, è riconosciuto come tappa fondamentale nella vita dei giovani, e vi sono riti speciali, con significato simbolico molto interessante, in cui l’adolescente prende conoscenza, possesso di sé, e si stacca dai genitori. Ma la madre spesso non si rende conto di questa esigenza, non ha né la saggezza, né l’amore comprensivo necessario per fare il sacrificio più alto, quello che più le costa, e che chiamerei, paradossalmente, il sacrificio dei suoi sacrifici precedenti. Sacrificare la propria dedizione ai figli, sapersi ritirare, è difficilissimo, poiché è contrario a tutto ciò che si è dovuto e voluto fare fino allora. Eppure la vita ha di questi cambiamenti, di questi passaggi, in cui ciò che era buono, doveroso e nobile, in un dato momento, diventa inopportuno, eccessivo, dannoso.

Roberto Assagioli, Psicosintesi – Per l’armonia della vita, Ed. Astrolabio

Merito e Valore

Riflessione su Merito e Valore
Se osserviamo noi stessi dal punto di vista della nostra personalità, siamo portati a ricercare merito e valore, per esempio costruendoci dei modelli a cui aderire oppure aderendo a modelli esterni. Ma se spostiamo la nostra identificazione nella nostra vera natura, in psicosintesi il Sè, per altri autori l’Essenza, l’esperienza è di essere valore e merito, noi siamo profondamente valore e merito, fa parte della nostra natura. Da questo piano di esperienza non esiste quindi perdere il valore o non meritarsi; in realtà quello che sperimentiamo nella nostra vita quotidiana come mancanza di valore o merito è una perdita di contatto con la nostra natura essenziale. E’ a causa dei nostri condizionamenti, le “storie” attraverso cui ci raccontiamo, che siamo portati a credere che sia ciò che facciamo, come lo facciamo e come siamo a darci valore, ma dal punto di vista della realtà di chi siamo noi siamo già valore, il valore che riempie ogni esperienza attraverso la sua presenza. Quando si percepisce la mancanza di valore o di merito spesso siamo portati a intraprendere azioni, cercare obiettivi e risulati che identifichiamo con il valore; niente di più fuorviante. Quando percepiamo mancanza di valore o merito la strada da intraprendere è fermarsi, indagare all’interno, alla ricerca del contatto con chi siamo realmente.
M.M.

La dipendenza affettiva

In questi anni si sta parlando sempre di più di un particolare disagio psicologico che si manifesta nelle relazioni affettivamente più importanti, relazioni di coppia ma anche  figli con i genitori e viceversa, a volte amicizie.
Cos’è la dipendenza affettiva?
La dipendenza affettiva è una modalità relazionale difensiva che si attiva in età adulta all’interno delle relazioni affettive significative prevalentemente di coppia. L’individuo  che mette in atto tale modalità vive la convinzione pur essendo adulto/a  di non poter stare senza la presenza della “persona amata”. Esiste nella vita di ogni individuo un momento in cui tale dipendere dall’altro/a è sano e funzionale allo sviluppo psicofisico, ovvero nell’infanzia ; il perdurare di tale modalità dopo l’età adolescenziale è invece indicativo dell’incapacità dell’individuo di vivere autonomamente e di tollerare vissuti emotivi dolorosi. Diversamente dal rapporto di dipendenza della bambino/bambina nei confronti del genitore, il soggetto adulto “dipendente affettivo” non è appagato e felice, poiché ha la percezione e l’illusione che la sua felicità dipenda dal comportamento dell’altro/a nei suoi confronti.
Queste di seguito sono alcune affermazioni che sono valide in presenza di questa problematica.
 In ogni caso è consigliabile rivolgersi a degli specialisti per fare una valutazione approfondita.

-Ogni volta che il /la mio/a partner non è con me mi sento solo/a
-Mi percepisco come una persona completamente altruista, votata al bene degli altri
-Ho bisogno di conferme continue dell’amore del mio/a partner
-Ogni frase che lui/lei mi dice l’analizzo cercando i segnali che mi vuole bene
-Sono imbarazzato/a quando ricevo riconoscimenti, lodi o regali
-Quando il /la mio/a partner vuole fare cose senza di me io soffro molto
-Considero più importante l’approvazione delle altri/altre che quella che posso darmi da me, rispetto ai miei pensieri, sentimenti e comportamenti
-Non mi percepisco come una persona adeguata, amabile o di valore
-Accetto compromessi rispetto ai miei valori e alla mia integrità per evitare il rifiuto e la rabbia da parte delle altri/altre
-Divento punitivo/a e colpevolizzante se il /la mio/a  partner vuole stare del tempo o fare cose da solo/a
-Spingo la lealtà all’estremo, restando in situazioni pericolose troppo a lungo
-Se il /la mio/a partner non mi cerca, telefona, scrive come al solito ho dei malesseri fisici (ansia, angoscia, tremori, palpitazioni) e inizio a pensare che mi lascerà
-Rinuncio ai miei interessi e ai miei hobby per fare ciò che vogliono le altri/altre
-Senza di lui/lei la mia vita non ha senso
-Ho bisogno di avere sempre sotto controllo il /la mio/a partner  per sentirmi tranquillo/a
-Cerco di convincere le altri/altre su cosa “dovrebbero” pensare e come dovrebbero sentirsi “veramente”
-Mi aspetto, voglio e pretendo che lui/lei  si prenda cura di me
-Credo che se lui/lei mi amasse veramente non si comporterebbe così
-Sono alla continua ricerca di rassicurazioni sul mio aspetto fisico e sul mio valore
-Ricerco di essere capito/a dal il /la mio/a partner e se non accade mi sento abbandonato/a e non sostenuto/a
-Ho bisogno di sentirmi necessario/a per entrare in relazione con le altri/altre
-Soffro  perché il /la mio/a  partner non riconosce tutti i sacrifici che faccio per lui/lei

Le psicologie umaniste e traspersonali

Le psicologie umaniste e trans personali

Nella prima metà del ‘900 si sviluppano una serie di correnti psichiatriche e psicologiche che vengono raggruppate sotto il nome di “umaniste”,che vengono accomunate da:
-importanza data al concetto ed esperienza di identità ( presenza)
-riconoscimento che l’individuo è in costante sviluppo
-importanza data ai valori
-consapevolezza che l’individuo è costantemente chiamato a scegliere
  e a considerare quindi le responsabilità di questo
-necessità di comprendere le motivazioni che determinano tali scelte
-riconoscimento della serietà e profondità della vita umana
-accento posto sul futuro e il suo ruolo dinamico ne presente
-riconoscimento della particolarità di ciascun individuo

Vi sono poi delle correnti sempre nello stesso periodo che,unitamente ai concetti che accomunano le psicologie umaniste,sviluppano alcuni concetti più legati alla visione dell’individuo nella sua dimensione spirituale, quali:
-la natura del Sé, della pura autocoscienza,indipendentemente dai contenuti, e la possibilità di produrre una esperienza fenomenica interna di essa attraverso tecniche
– l’accento posto sul concetto di volontà quale funzione centrale dell’Io, sorgente di tutte le scelte e le decisioni( possibilità di diventare artefici della propria esistenza)
-esperienze delle vette , attivamente promosse
-cosciente e pianificata ri-creazione della personalità

La psicosintesi possiamo inserirla all’interno delle psicoterapie traspersonali.

                                  ( appunti tratti da “Principi e metodi delle psicosintesi terapeutica” di R. Assagioli)
                                                                                                   a cura di Massimiliana Molinari

La psicoterapia in psicosintesi

La psicotarepia un percorso che si intraprende allo scopo di migliorare la conoscenza che si ha di se stessi e di riuscire a direzionare in modo proficuo le nostre energie nella vita.
È un viaggio all’interno di se sessi con una guida, lo psicoterapeuta, che fornisce gli strumenti per fare il tragitto, esplorare e conoscersi meglio, affrontare le prove della vita, vivere al meglio la propria vita.

I tre passi  del percorso della psicoterapia in psicosintesi sono:

conoscere se stessi  in modo sempre più approfondito, conoscere ciò che non è immediatamente  accessibile alla coscienza, fare una “mappa interna” dei nostri vari aspetti e delle nostre potenzialità

possedere se stessi  ovvero entrare in confidenza ed  imparare ad utilizzare le nostre risorse, le nostre energie per scopi direzionati, e diventare sempre più abili nel gestire i nostri livelli, fisico, emotivo, mentale,spirituale

trasformare se stessi ,costruire un modello raggiungibile di come vogliamo diventare e attuare i metodi per realizzarlo, ma anche lavorare per la guarigione di quegli aspetti della nostra personalità che non sono più funzionali alla nostra crescita,che c  creano disagio, e quindi sintomi (come ansia , depressione,ossessioni, panico, etc.)

Ogni sintomo psichico (ansia, depressione, ossessioni, panico) altro non è che un segnale che qualche nostra parte non è in armonia con le altre interne, con la nostra natura più profonda, e di conseguenza è disarmonica con il mondo, e attraverso il disagio, il sintomo ce lo sta comunicando.
 Il lavoro in psicoterapia è anche quello di comprendere cosa il sintomo , il malessere sta comunicando rispetto alla propria vita, alle relazioni, ai progetti

La psicoterapia psicosintetica si propone di lavorare sulla parte “sana” della persona affinché diventi sempre più abile nell’occuparsi della parte che ha un disagio , e quindi autonomo nel percorso di guarigione.

Dott.ssa Massimiliana Molinari