Archivio mensile:Giugno 2021

La pace e la sofferenza

“[…] Vorrei ora riflettere sulla relazione tra pace e sofferenza. Per esempio prendiamo un moto di avversione o di tristezza e guardiamo a qualcosa che succede piuttosto spesso. Ossia saltiamo dentro questo moto di tristezza o di avversione con quella che si chiama proliferazione emotivo-concettuale. C’è dunque questo stato emotivo – l’avversione o la tristezza – e noi cominciamo a proliferare cioè ad aggiungere pensieri, confronti, immagini. Questa tipica reazione della mente non lavorata che chiamiamo proliferazione emotivo-concettuale, potremmo paragonarla a una betoniera perché solidifica questo stato, lo rende più solido, gli impartisce una densità, una pesantezza.
Ossia quando ‘lavoriamo’ qualsiasi stato emotivo e qualsiasi pensiero con questa potente betoniera stiamo letteralmente fabbricando sofferenza e fatica. Inoltre, insieme all’attività dellaproliferazione c’è anche la fede cieca nella proliferazione. Quindi possiamo dire che ci sono due attività: l’attività di proliferare e l’attività – se possiamo chiamarla così – di credere ciecamente a tutto quello che la mente dice. Però se noi sostituiamo queste attività del proliferare e di avere fiducia nella proliferazione, con l’ascolto consapevole, allora la situazione è completamente diversa. Dunque, c’è tristezza: entriamo in silenzio dentro la nostra tristezza. C’è avversione: entriamo in punta di piedi dentro la nostra avversione. Questo succede se abbiamo attivato la consapevolezza invece della proliferazione con relativa fede cieca. Il training è imparare piano piano a svegliarsi e a sostituire queste attività con l’attività osservante che è una cosa completamente diversa. Allora succede che nella sofferenza – tristezza e avversione sono sofferenza – c’è pace, ossia una disposizione all’apertura e alla presenza. Nel momento in cui noi riusciamo a tenere una presenza consapevole è come se fossimo un’altra persona, non siamo più bambini spaventati. C’è qualcosa di adulto nel rivolgersi alla consapevolezza, a differenza della ‘mente non lavorata’, che si schiera sempre in un processo continuo di identificazione. […]”
(Corrado Pensa, in SATI, gennaio-aprile 2021)

Dedica qualche momento al divino…

“[…] Ogni mattina quando la mente ancora non è occupata dalle incombenze della quotidianità dedica qualche momento al divino : inspira profondamente e domanda che tutte le benedizioni presenti nell’aria penetrino nel tuo corpo e si diffondano in ogni cellula . Espira lentamente impegnandoti a proiettare intorno a te gioia e pace . Fallo per almeno dieci volte. […]”
(Tratto da Aleph di Paulo Coelho)

Il sintomo

“[…] La via della consapevolezza consiste nell’accettarci così come siamo in questo momento, con o senza sintomi, con o senza dolore, con o senza paura. Invece di rifiutare la nostra esperienza come indesiderabile, ci chiediamo: «Che cosa mi dice questo sintomo? Che cosa mi rivela del mio corpo e della mia niente in questo momento?»
Ci permettiamo, almeno per un momento, di entrare nella piena sensazione del sintomo. Questo richiede coraggio, specialmente quando il sintomo è doloroso o quando abbiamo paura della morte. Ma puoi almeno fare un piccolo esperimento, avvicinarti un pochino al sintomo, diciamo per dieci secondi, tanto per guardarlo po’ più da vicino.
Quando facciamo questo, incontriamo anche le emozioni che il sintomo ci provoca. Se proviamo rabbia, rifiuto, paura, disperazione o rassegnazione, cerchiamo di osservare anche queste cose il più spassionatamente possibile. Perché? Per la sola ragione che è la nostra esperienza in questo momento. Questo è il luogo in cui ci troviamo. Se vogliamo guarire e muoverci verso un maggiore benessere, dobbiamo partire da dove siamo, non dà dove vorremmo essere. […]”
(Jon Kabat Zinn)