“Quando l’epidemia finirà, non è da escludere che ci sia chi non vorrà tornare alla sua vita precedente. 
La presa di coscienza della fragilità e della caducità della vita spronerà uomini e donne a fissare nuove priorità.
 A distinguere meglio tra ciò che è importante e ciò che è futile.
 A capire che il tempo – e non il denaro – è la risorsa più preziosa.
 Chi, potendo, lascerà un posto di lavoro che per anni lo ha soffocato e oppresso.
 Chi deciderà di abbandonare la famiglia, di dire addio al coniuge, o al partner.
 Di mettere al mondo un figlio, o di non volere figli. Di fare coming out.
 Ci sarà chi comincerà a credere in Dio e chi smetterà di credere in lui.
 Ci sarà chi, per la prima volta, si interrogherà sulle scelte fatte, sulle rinunce, sui compromessi.
 Sugli amori che non ha osato amare.
 Sulla vita che non ha osato vivere.
 Uomini e donne si chiederanno perché sprecano l’esistenza in relazioni che provocano loro amarezza.
 Ci sarà anche chi rivedrà le proprie opinioni politiche, basate su ansie o valori che si disintegreranno nel corso dell’epidemia.
 Ci sarà chi dubiterà delle ragioni che spingono un popolo a lottare contro un nemico per generazioni, a credere che la guerra sia inevitabile.
 È possibile che un’esperienza tanto dura e profonda come quella che stiamo vivendo induca qualcuno a rifiutare posizioni nazionalistiche per esempio, tutto ciò che ci divide, ci aliena, ci porta a odiare, a barricarci.”
(David Grossman)

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